Con
la sentenza n. 22909 /2016 la Cassazione ha affermato che:
«Alla
stregua del principio generale della libera determinazione
convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso
non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga
pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura
differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco
del rapporto; e ciò, sia mediante la previsione del pagamento di
rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna
frazione di tempo; sia mediante il frazionamento dell'intera durata
del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali
corrisponda un canone passibile di maggiorazione; sia correlando
l'entità del canone all'incidenza di elementi o di fatti (diversi
dalla svalutazione monetaria) predeterminati e influenti, secondo la
comune visione dei paciscenti, sull'equilibrio economico del
sinallagma.
La
legittimità di tale clausola dev'essere peraltro esclusa là dove
risulti - dal testo del contratto o da elementi extratestuali della
cui allegazione deve ritenersi onerata la parte che invoca la nullità
della clausola - che le parti abbiano in realtà perseguito
surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della
svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti
dall'art. 32 della legge n. 392 del 1978 (nella formulazione
originaria ed in quella novellata dall'art. 1, comma nono - sexies,
della legge n. 118 del 1985), così incorrendo nella sanzione di
nullità prevista dal successivo art. 79,
primo comma, della stessa legge»
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