Questo perchè "... appare difficilmente confutabile - e il
dato deve ritenersi acquisito per generale consenso e in carenza di
veruna apprezzabile obiezione - che l'impossessamento del soggetto
attivo del delitto di furto postuli il conseguimento della signoria
del bene sottratto, intesa come piena, autonoma ed effettiva
disponibilità della refurtiva da parte dell'agente.
Sicchè,
laddove esso è escluso dalla concomitante vigilanza, attuale e
immanente, della persona offesa e dall'intervento esercitato
in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente
appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto
passivo, la incompiutezza dell'impossessamento osta alla consumazione
del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell'ambito del
tentativo.
La conclusione riceve conforto
dalla considerazione dell'oggetto giuridico del reato alla luce del
principio di offensività.
In tale
prospettiva, di recente valorizzata quale canone ermeneutico di
ricostruzione dei "singoli tipi di reato" da Sez. U, n. 40354 del
18/07/2013, Sciuscio, il fondamento della giustapposizione tra il
delitto tentato e quello consumato (e del differenziato regime
sanzionatorio) risiede nella compromissione dell'interesse protetto
dalla norma incriminatrice.
Affatto coerente
risulta, pertanto, l'aggancio della consumazione del furto alla
completa rescissione (anche se istantanea) della "signoria che sul
bene esercitava il detentore", come esattamente individuato dalla
citata sentenza n. 8445 del 2013, Niang. Mentre, di converso, se lo
sviluppo dell'azione delittuosa non abbia comportato ancora la uscita
del bene dalla sfera di vigilanza e di controllo dell'offeso, è per
vero confacente, alla stregua del parametro della
offensività, la qualificazione della condotta in termini di
tentativo."