venerdì 14 marzo 2014

Sull'ABUSO DEL DIRITTO in campo doganale la Corte di Cassazione investe la Corte di Giustizia: il giudice nazionale ha l'obbligo di adottare, tra diverse possibili letture di una norma interna, quella maggiormente aderente al diritto comunitario.

Con l'ordinanza 5808 del 13 marzo 2014 la Corte di Cassazione a norma dell’art. 267 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione la pronuncia sulla questione pregiudiziale concernente l’interpretazione dei regolamenti CE n. 1047/2001, del 30 maggio 2001 e n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995.
Chiede dunque la Suprema Corte "se sia vietato, e configura un abuso del diritto ed un comportamento elusivo, la condotta dell’operatore commerciale comunitario (A), il quale, non disponendo di un titolo d’importazione o avendo esaurito la propria quota di contingente, acquisti determinate partite di merce da altro operatore comunitario (B), il quale, a sua volta, le ha acquistate dal fornitore extracomunitario, cedute allo stato estero ad altro operatore comunitario (C) che, possedendone i requisiti, ha ottenuto un titolo nell’ambito del contingente e, senza trasferire il proprio titolo, le ha immesse in libera pratica della Comunità europea per cederle, una volta sdoganate ed a fronte di un’adeguata remunerazione, inferiore a quella del dazio specifico per impostazioni fuori contingente, al medesimo operatore (B) che le vende, infine, all’operatore (A)... ".
Interessante la tecnica redazionale delle motivazioni che ricalca lo schema delle decisioni della Corte di Giustizia riportanto dapprima il contesto normativo nazionale (art. 1344 cc e art. 37 bis DPR 600/1973), poi le disposizioni di diritto dell'Unione Europea e i motivi del rinvio pregiudiziale: "La fattispecie relativa all'abuso del diritto di cui alla norma nazionale sopra riportata al punto 2 (art. 37 bis DPR 600/73) è operante, sulla base della giurisprudenza della Corte di Giustizia, anche nel campo del diritto doganale nel senso che non possono trarsi benefici da operazioni a carattere elusivo intraprese al solo scopo di procurarsi agevolazioni.
Il rinvio pregiudiziale alla Corte è necessario in quanto, alla luce delle norme comunitarie sopra richiamate, il giudice deve stabilire se il comportamento della società ricorrente costituisca o meno atto elusivo posto in essere in violazione delle disposizioni dei regolamenti comunitari sopra menzionati 2988/1995 e 1047/2001."
La Corte di Cassazione nell'ordinanza in oggetto motiva il rinvio pregiudiziale "tenuto conto, altresì, del principio secondo il quale il giudice nazionale ha l'obbligo di adottare, tra diverse possibili letture di una norma interna, quella maggiormente aderente al diritto comunitario: Cass. nn. 7210 del 2002, 5559 del 2005".

venerdì 7 marzo 2014

Per la Corte di Giustizia è inammissibile che norme di diritto nazionale possano menomare l'unità e l'efficacia del diritto dell'Unione

Ecco le linee guida per i giudici nazionali sulla applicazione dell'art. 267 TFUE.
- Stralcio sentenza causa C-416/10 Corte di Giustizia -
 <64    Per quanto riguarda gli altri aspetti della prima questione pregiudiziale, secondo una giurisprudenza consolidata, l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora essi ritengano che una causa dinanzi ad essi pendente faccia sorgere questioni che richiedono un’interpretazione o un esame della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione essenziali ai fini della soluzione della lite di cui sono investiti (sentenze del 27 giugno 1991, Mecanarte, C‑348/89, Racc. pag. I‑3277, punto 44, e del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, Racc. pag. I‑8889, punto 26).
65      L’articolo 267 TFUE conferisce dunque ai giudici nazionali la facoltà – ed eventualmente impone loro l’obbligo – di effettuare un rinvio pregiudiziale qualora essi constatino, d’ufficio o su domanda di parte, che il merito della controversia implica la soluzione di una questione ricadente sotto le previsioni del primo comma dell’articolo sopra citato (sentenze del 10 luglio 1997, Palmisani, C‑261/95, Racc. pag. I‑4025, punto 20, e del 21 luglio 2011, Kelly, C‑104/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 61). Per tale motivo, il fatto che le parti del giudizio a quo non abbiano prospettato, dinanzi al giudice del rinvio, una problematica attinente al diritto dell’Unione non osta a che la Corte possa essere adita da detto giudice (sentenze del 16 giugno 1981, Salonia, 126/80, Racc. pag. 1563, punto 7, e dell’8 marzo 2012, Huet, C‑251/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23).
66      Infatti, il rinvio pregiudiziale si fonda su un dialogo tra giudici, il cui avvio dipende interamente dalla valutazione operata dal giudice nazionale in merito alla rilevanza e alla necessità del rinvio stesso (sentenze del 16 dicembre 2008, Cartesio, C‑210/06, Racc. pag. I‑9641, punto 91, e del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08, Racc. pag. I‑10847, punto 29).
67      Inoltre, l’esistenza di una norma procedurale nazionale non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi, come nell’odierno procedimento principale, in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenze Elchinov, cit., punto 25, e del 20 ottobre 2011, Interedil, C‑396/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 35).
68      Pertanto, una norma di diritto nazionale in virtù della quale le valutazioni formulate da un organo giurisdizionale superiore vincolano un altro giudice nazionale non può privare quest’ultimo della facoltà di sottoporre alla Corte questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione interessato da dette valutazioni in diritto. Infatti, tale giudice, ove ritenga che la valutazione in diritto compiuta nel grado superiore potrebbe indurlo ad emettere una decisione contraria al diritto dell’Unione, deve essere libero di sottoporre alla Corte le questioni costituenti per esso motivo di perplessità (sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑378/08, Racc. pag. I‑1919, punto 32, nonché Elchinov, cit., punto 27).
69      In tale ambito, occorre sottolineare che il giudice nazionale che abbia esercitato la facoltà conferitagli dall’articolo 267 TFUE è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giurisdizionale di grado superiore qualora ritenga, alla luce di detta interpretazione, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione (sentenza Elchinov, cit., punto 30).
70      I principi enunciati ai punti precedenti si impongono in egual maniera nei confronti del giudice del rinvio per quanto riguarda la valutazione in diritto espressa, nella presente fattispecie, dal giudice costituzionale dello Stato membro di cui trattasi, dal momento che, secondo una giurisprudenza consolidata, è inammissibile che norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, possano menomare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione (sentenze del 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft, 11/70, Racc. pag. 1125, punto 3, e dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06, Racc. pag. I‑8015, punto 61). La Corte ha d’altronde già precisato che i suddetti principi si applicano nei rapporti tra un giudice costituzionale e qualsiasi altro giudice nazionale (sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, Racc. pag. I‑5667, punti 41‑45)>

L'onere di allegazione in Cassazione in ordine alla inosservanza delle disposizioni CEDU - Istruzioni per l'uso

<Nel ricorso per cassazione per violazione di legge, la parte che deduce l’inosservanza in proprio danno delle disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (nella specie, gli artt. 6 e 14), ha l’onere di indicare la regola desumibile dalla Convenzione o dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in casi analoghi e di allegare in che modo il giudice di merito si sia discostato dai parametri della Convenzione, indicando gli elementi concreti di analogia tra il proprio caso e gli altri nei quali in sede europea siano stati applicati i parametri più adeguati e comunque più favorevoli che invoca.>
Così la Corte di Cassazione Sezione Lavoro con la sentenza n. 76 del 7 gennaio 2014.

questo il link temporaneo dove reperire il testo della sentenza