venerdì 29 maggio 2015

Cassazione Penale 14960/2015: Lo straniero, imputato di un delitto contro la persona, non può invocare, anche in via solo putativa, la scriminante dell’esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall’ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi in linea di principio escluso dall’ordinamento interno, in una prospettiva imperniata – in linea con l’art. 3 Cost. – sulla centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le condotte individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l’instaurazione di una società civile multietnica.

La Corte di Cassazione sezione III^ con la sentenza n. 14960/2015 depositata il 13/04/2015 ha così osservato: "in una società multietnica non è concepibile la scomposizione dell'ordinamento in altrettanti statuti individuali quante sono le etnie che la compongono, non essendo compatibile con l'unicità della tessuto sociale - e quindi con l'unicità dell'ordinamento giuridico - l'ipotesi della convivenza in un unico contesto civile di culture tra loro confliggenti.
La soluzione - costituzionalmente orientata in relazione alla disposizione dell'art. 3 Cost. Rep., che in un unico contesto normativo attribuisce a tutti i cittadini pari dignità sociale e posizione di uguaglianza nei confroni della legge, senza distinzione,m in particolare, di sesso, di razza, di lingua, di religione, e impegna la Repubblca a rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, che, limitando di fatto la liberà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana - civilmente e giuridicamente praticabile è quella opposta, che armonizza i comportamenti individuali rispondenti alla varietà delle culture in base al principio unificato delle centralità della persona umana, quale denominatore minimo comune per l'instaurazione di una società civile.
In questo quadro concettuale si profila, come essenziale per la stessa sopravvivenza della società multietnica, l'obbligo giuridico di chiunque vi si inserisce di verificare preventivamente la compatibilità dei propri comportamenti con i principi che la regolano e quindi della liceità di essi in relazione all'ordinamento giuridico che la disciplina, non essendo di conseguenza riconoscibile una posizione di buona fede in chi, pur nella consapevolezza di essersi trasferito in un paese diverso e in una società in cui convivono culture e costumi differenti dai propri, presume di avere il diritto - non riconosciuto da alcuna norma internazionale - di proseguire condotte che, seppure ritenute culturalmente accettabili e quindi lecite secondo le leggi vigenti nel paese di provenienza, risultano oggettivamente incompatibili con le regole proprie della compagine sociale in cui ha scelto di vivere.
In tali condotte non è pertanto configurabile una scriminante, anche solo putativa, fondata sull'ercizion di un presunto diritto escluso in linea di principio dall'ordinamento (Cass., Sez. 6, 26 aprile 2011 n. 26153, ric. C.), e quindi neppure l'eccesso colposo nella scriminante stessa."