Ecco le linee guida per i giudici nazionali sulla applicazione dell'art. 267 TFUE.
- Stralcio sentenza causa C-416/10 Corte di Giustizia -
<64 Per quanto
riguarda gli altri aspetti della prima questione pregiudiziale, secondo
una giurisprudenza consolidata, l’articolo 267 TFUE conferisce ai
giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora essi
ritengano che una causa dinanzi ad essi pendente faccia sorgere
questioni che richiedono un’interpretazione o un esame della validità
delle disposizioni del diritto dell’Unione essenziali ai fini della
soluzione della lite di cui sono investiti (sentenze del 27 giugno 1991,
Mecanarte, C‑348/89, Racc. pag. I‑3277, punto 44, e del 5 ottobre 2010,
Elchinov, C‑173/09, Racc. pag. I‑8889, punto 26).
65 L’articolo
267 TFUE conferisce dunque ai giudici nazionali la facoltà – ed
eventualmente impone loro l’obbligo – di effettuare un rinvio
pregiudiziale qualora essi constatino, d’ufficio o su domanda di parte,
che il merito della controversia implica la soluzione di una questione
ricadente sotto le previsioni del primo comma dell’articolo sopra citato
(sentenze del 10 luglio 1997, Palmisani, C‑261/95, Racc. pag. I‑4025,
punto 20, e del 21 luglio 2011, Kelly, C‑104/10, non ancora pubblicata
nella Raccolta, punto 61). Per tale motivo, il fatto che le parti del
giudizio a quo non abbiano prospettato, dinanzi al giudice del rinvio,
una problematica attinente al diritto dell’Unione non osta a che la
Corte possa essere adita da detto giudice (sentenze del 16 giugno 1981,
Salonia, 126/80, Racc. pag. 1563, punto 7, e dell’8 marzo 2012, Huet,
C‑251/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 23).
66 Infatti,
il rinvio pregiudiziale si fonda su un dialogo tra giudici, il cui
avvio dipende interamente dalla valutazione operata dal giudice
nazionale in merito alla rilevanza e alla necessità del rinvio stesso
(sentenze del 16 dicembre 2008, Cartesio, C‑210/06, Racc. pag. I‑9641,
punto 91, e del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing, C‑137/08,
Racc. pag. I‑10847, punto 29).
67 Inoltre,
l’esistenza di una norma procedurale nazionale non può rimettere in
discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali, di investire la
Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano
dubbi, come nell’odierno procedimento principale, in merito
all’interpretazione del diritto dell’Unione (sentenze Elchinov, cit.,
punto 25, e del 20 ottobre 2011, Interedil, C‑396/09, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 35).
68 Pertanto,
una norma di diritto nazionale in virtù della quale le valutazioni
formulate da un organo giurisdizionale superiore vincolano un altro
giudice nazionale non può privare quest’ultimo della facoltà di
sottoporre alla Corte questioni riguardanti l’interpretazione del
diritto dell’Unione interessato da dette valutazioni in diritto.
Infatti, tale giudice, ove ritenga che la valutazione in diritto
compiuta nel grado superiore potrebbe indurlo ad emettere una decisione
contraria al diritto dell’Unione, deve essere libero di sottoporre alla
Corte le questioni costituenti per esso motivo di perplessità (sentenze
del 9 marzo 2010, ERG e a., C‑378/08, Racc. pag. I‑1919, punto 32,
nonché Elchinov, cit., punto 27).
69 In
tale ambito, occorre sottolineare che il giudice nazionale che abbia
esercitato la facoltà conferitagli dall’articolo 267 TFUE è vincolato,
ai fini della soluzione della controversia principale,
dall’interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla Corte
e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo
giurisdizionale di grado superiore qualora ritenga, alla luce di detta
interpretazione, che queste ultime non siano conformi al diritto
dell’Unione (sentenza Elchinov, cit., punto 30).
70 I
principi enunciati ai punti precedenti si impongono in egual maniera
nei confronti del giudice del rinvio per quanto riguarda la valutazione
in diritto espressa, nella presente fattispecie, dal giudice
costituzionale dello Stato membro di cui trattasi, dal momento che,
secondo una giurisprudenza consolidata, è inammissibile che norme di
diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, possano menomare
l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione (sentenze del 17 dicembre
1970, Internationale Handelsgesellschaft, 11/70, Racc. pag. 1125, punto
3, e dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06, Racc. pag. I‑8015,
punto 61). La Corte ha d’altronde già precisato che i suddetti principi
si applicano nei rapporti tra un giudice costituzionale e qualsiasi
altro giudice nazionale (sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli,
C‑188/10 e C‑189/10, Racc. pag. I‑5667, punti 41‑45)>
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